Guida sicura e uso di farmaci
Il 2010 è l'anno conclusivo del programma d'azione sulla sicurezza stradale proposto dalla Commissione europea e volto a dimezzare il numero di morti sulle strade. Tra le misure contemplate nel piano, l'introduzione di nuove tecnologie come i sistemi di trasporto intelligente, i limitatori di velocità e la patente elettronica, finalizzati a tutelare la sicurezza dei conducenti e passeggeri di veicoli, così come dei pedoni e dei ciclisti.
Nell'ottica della sicurezza l'immaginario comune identifica, tra le cause primarie di incidenti, comportamenti fortemente stigmatizzati in senso negativo, come l'assunzione di alcool e droga, o comportamenti scorretti alla guida, primo fra tutti l'eccessiva velocità. Decisamente sottovalutato, invece - sicuramente anche a causa della carenza di studi e dati sensibili in materia - l'eventuale effetto 'anti-guida' provocato dall'assunzione di alcuni farmaci. Difficilmente rilevabile anche dalla polizia stradale, che non dispone di strumenti in grado di stimare con sufficiente precisione di dettaglio nel sangue la presenza di principi attivi farmacologici. Da tener presente, poi, che rilevazioni di questo tipo sono regolate da normative differenti tra i vari Paesi: in alcune nazioni sono addirittura vietate per questioni etiche.
La guida, in quanto attività psicomotoria complessa, necessita di una buona performance psicofisica del conducente, per cui quegli eventuali effetti spesso frutto di terapie farmacologiche - come sonnolenza, vertigini, o, al contrario, sovraeccitazione - risultano pericolosi. Le prove di laboratorio effettuate rispetto alla resa alla guida, valutando parametri come la destrezza, la lucidità, la regolarità e la prontezza di riflessi, evidenziano una interferenza provocata dall'assunzione di alcuni principi attivi.
Pur tenendo presente la soggettività di reazioni, estremamente variabili da persona a persona, tra le classi farmacologiche che inficiano maggiormente la capacità di conduzione del mezzo citiamo i sedativi-ipnotici, che, agendo sul sistema nervoso centrale, riducono drasticamente la prontezza di reattività. L'entità dell'interferenza derivante dal loro uso non è precisata nei relativi studi scientifici, che spesso risultano contraddittori, ma certamente è fuori discussione il perdurare dell'alterazione generata, che si prolunga per circa dieci ore dalla somministrazione del farmaco.
Importanti anche gli effetti provocati dai cosiddetti 'tranquillanti minori', finalizzati a combattere stati di ansia e disturbi dell'emotività, che da trent'anni a questa parte hanno incrementato moltissimo le percentuali di utilizzo. Da considerare, inoltre, che questi farmaci si trovano spesso combinati in classi ulteriori, come gli spasmolitici, o che i loro principi attivi vengono somministrati anche per curare disturbi gastrointestinali di matrice nervosa, o come premedicazione (in caso di analisi, come la gastroscopia).
I farmaci maggiormente sedativi tra gli antidepressivi, invece, riducono nei soggetti sensibili la capacità di analizzare le informazioni e peggiorano la qualità della visione. Sulla quale provocano effetti consistenti anche gli antimalarici ed antiparassitari (responsabili di ulteriori alterazioni, relative nella percezione cromatica), ma anche la ioscina, utilizzata contro il mal di mare, e alcuni colliri somministrati nell'ambito di visite oculistiche.
Effetto sonnolenza generato anche da antinfiammatori combinati con paracetamolo, e dagli antistaminici: fra questi, i preparati old generation - tuttora commercializzati - risultano essere dei veri e propri sedativi, ed alterano sensibilmente la coordinazione occhi-mani; i nuovi nati, invece (a base di fexofenadina, loratadina, mizolastina), non agendo sul sistema nervoso centrale, presentano effetti collaterali decisamente light. Da tener presente, comunque, la presenza dei loro principi attivi in farmaci decongestionanti delle prime vie respiratorie, in alcuni sedativi della tosse e in alcuni analgesici.
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