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Dozza, arte a cielo aperto

L'arte murale di Dozza non è di serie B, anzi!

Dozza è un paese piccolo, ma veramente piccolo. Per intenderci, si sviluppa sul crinale di una collina, attorno a due strade parallele, chiuse a un'estremità da una rocca del '400. Tutto intorno, il verde della campagna bolognese ed emiliana, a 25 chilometri dal capoluogo e a solo due da Imola. Eppure, il bello di Dozza - o meglio, il suo "più" bello - è recente. Per l'esattezza, risale al 1960, quando le strade del paese iniziarono a cambiare volto, colore e… atmosfera, grazie alla prima edizione della Biennale del Muro Dipinto (l'edizione 2013 si svolge dall'11 al 15 settembre). Da allora, senza interruzioni il paese è la "capitale" di questa tradizione tanto italiana e tantissimo democratica. Altro che musei, biglietti di entrata, orari da rispettare e artisti irraggiungibili. Qui l'arte è a cielo aperto, a disposizione di tutti, gratuitamente, sempre. E nei giorni della biennale, i pittori lavorano accanto alla gente, sotto la pioggia quando piove, sotto il sole quando l'estate non se ne vuole andare. E pure di notte, visto che dal 2011 ci sono sessioni di painting che iniziano all'imbrunire e si protraggono fino a notte fonda, richiamando vere folle di appassionati e curiosi giunti fino a Dozza in moto o in auto.

Democratica per ideazione, realizzazione e fruizione, l'arte murale di Dozza non è di serie B, anzi. Le ultime edizioni vedono l'impegno concreto del MAMbo, il prestigioso museo di arte moderna di Bologna, ma i grandi nomi sono da sempre protagonisti della rassegna. Matta, Sassu, Purificato e Licata sono solo alcuni degli artisti che hanno lasciato le loro opere lungo le strade del paese, di volta in volta "appoggiandole" su portoni, "aggirando" finestre e trasfigurando i piccoli passaggi aerei che collegano una fila di case all'altra.

Questione di arte

In via De Amicis si trovano alcuni dei murales più importanti, accomunati dall'aver come soggetto le donne: da Figure Paesaggio (Giuseppe Gagliardi, 1960) a Il vento (Ennio Calabria, 1987), fino a Le signorine Malvezzi Campeggi di ritorno al castello (Tano Pisano, 2003), che ritrae le ultime proprietarie della rocca, nel 1960 acquistata dal Comune. A proposito, l'antico edificio a pianta esagonale, con due torrioni, merita senza dubbio una visita (Rocca Malvezzi Campeggi).

Il suo aspetto attuale risale alla ristrutturazione compiuta da Caterina Sforza nel '400 e quindi alle trasformazioni introdotte nel '500 dai Malvezzi, ma le origini sono molto meno recenti e risalgono probabilmente al 1126, anno della prima notizia del castrum Dutie, ovvero "doccia", a indicare la presenza in zona di un condotto che faceva confluire l'acqua in una vasca, a beneficio della popolazione. Un "plus" di incalcolabile valore, data l'antica scarsità d'acqua del luogo. Tornando alla rocca, superato un ponticello si arriva a un piccolo cortile centrale, sul quale si affacciano l'entrata del castello e quella dell'Enoteca Regionale dell'Emilia Romagna, luogo di delizie e degustazioni ricavato nei suggestivi sotterranei, in cui assaggiare e acquistare le etichette dei quasi 300 soci produttori. Da vedere nel complesso anche la pinacoteca della famiglia Malvezzi Campeggi, la sala d'armi, la fossa dei supplizi e la stanza delle torture e quindi la cucina, ampio ambiente con ancora gli attrezzi dell'epoca. Nel castello si trovano anche i bozzetti e alcune opere della Biennale, "strappate" dai muri del paese per conservarle meglio (altre sono state restaurate).

In collaborazione con TuristiPerCaso

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